Non bisognerebbe essere così allocchi da abboccare alla storiella per cui un illustre Signor Nessuno avrebbe concepito, prodotto e diffuso in anteprima, con accorta scelta di tempo, il cosiddetto “film” The Innocence of Muslims.
Credo che sull’argomento ci si possa aspettare ancora un mucchio di balle, di versioni contrastanti e contraddittorie, di notizie smentite e rivangate, di scoperte spacciate per straordinarie e poi destiuite di fondamento, e così via. Si chiama “disinformazione” trasposizione dal russo Дезинформация, ed è una tecnica sperimentata che adottano i propalatori professionali di menzogne, di manipolazioni, di creazioni artefatte di “opinione pubblica” su detrerminati oggetti.
Chi sia dietro una tale manovra, quindi dietro anche al “film” che ha fatto da innesco, mettendo in ridicolo il Profeta, non è dato sapere con prove provate ma nemmeno abbisogna porsi la classica domanda cui prodest? per intuire di chi si tratti.
L’effetto immediato, infatti, è stato quello di scatenare un putiferio presso gli ambienti mussulmani più intransigenti, oltre che le vibrate proteste di quelli meno esagitati. Le conseguenze si vedranno, ma l’esperienza insegna che potrebbe sprigionarsi una reazione a catena, che assai interessate manine potrebbero essere pronte a spacciare come il solito “estremismo islamico”.
Non sarebbe un’impresa difficile, volendo, schernire qualunque altra religione, in particolare ebraismo/giudaismo e cristianesimo nelle sue diverse confessioni settarie: basterebbe rifarsi a significativi elementi della loro storia, dei loro testi sacri, di certe loro tradizioni, di determinati riti e culti ancora in pratica. Ma, per esempio, quando pochi anni fa venne dato alle stampe il “Trattato dei tre impostori – Mosè, Gesù, Maometto”, pochi ne parlarono e nulla accadde. In altre occasioni, invece, mezzi di comunicazione eterodiretti pomparono dal nulla autentici “casi”, con impatti molto pesanti. Su cosa scommettono, in quei “casi”, i divulgatori di spazzatura mediatica criminale? Come in quello attuale, si fa scientificamente leva su una sensibilità ipertrofica che caratterizza certe fasce di “credenti” e che certamente è diffusa in ambito islamico – anche se centinaia di milioni di mussulmani ne sono estranei.
Si tratta dunque di turpi provocazioni freddamente progettate per suscitare il massimo dello scompiglio, nel torbido del quale poter poi pescare con un certo agio criminale.
Ma anche volendo fare astrazione da tali scopi infami, già nel metodo fa qui spicco un elemento assai rilevante. Gli assertori di una democrazia fasulla, di una libertà fasulla e di una fasulla libertà d’espressione, i.e. della cosiddetta “società aperta” del cazzo, si fanno uscire le emorroidi nello sforzo di accreditare anche i becerismi più spregevoli come “libertà di parola”, che in base al loro universalismo suprematista dovrebbe essere accettata, in quanto tale tale, da tutti gli altri. Tradiscono così il proprio inveterato razzismo, dappoiché in un regime di tolleranza autentica è la sensibilità ancorché soggettiva di chi ritiene di ricevere un’offesa, e non quella di chi l’arreca, a prevalere nel pur indispensabile equilibrio dei fattori in gioco. L’universalismo che pretende di essere oggettivo è in realtà solo uno strumento spregevole di oppressione dell’altro da sé. Colonialismo, imperialismo e razzismo se ne nutrono da sempre.
Dulcis in fundo, qualcuno già si è premurato di spiegare, dopo l’assalto al consolato yankee di Bengasi che il problema vero adesso non è più la “crisi” (leggasi: la rapina in corso ai popoli d’Europa da parte della gang Goldman Sachs & Affiliati) ma l’instabilità a due passi da casa nostra. Capito l’antifona?
MS
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“Furbetti cosmopoliti”
Subito dopo che la FIAT si era rimangiata gli impegni assunti circa “Fabbrica Italia” il sig. Diego Della Valle ha rilasciato ieri alcune dichiarazioni. Tra quelle riportate tra virgolette dalla stampa si sono potute leggere, tra l’altro, le seguenti.
“Continua questo ridicolo e purtroppo tragico teatrino degli annunci ad effetto da parte della Fiat, del suo inadeguato amministratore delegato e in subordine del presidente. Assistiamo infatti da alcuni anni a frequentissime conferenze stampa nelle quali, da parte di questi signori, viene detto tutto e poi il contrario di tutto, purché sia garantito l’effetto mediatico, che sembra essere la cosa più importante da ottenere, al di là della qualità e della coerenza delle cose che si dicono”. “Con il comunicato rilasciato ai giornalisti oggi, Marchionne & company hanno superato ogni aspettativa riuscendo, con alcune righe, a cancellare importanti impegni che avevano preso nelle sedi opportune nei confronti dei loro dipendenti, del governo e quindi del paese. Ma si rendono conto questi supponenti signori dello stato d’animo che possono avere oggi le migliaia di lavoratori della Fiat e i loro familiari di fronte alle pesanti parole da loro pronunciate e alle prospettive che queste fanno presagire? Il vero problema della Fiat non sono i lavoratori, l’Italia o la crisi (che sicuramente esiste): il vero problema sono i suoi azionisti di riferimento e il suo Amministratore Delegato. Sono loro che stanno facendo le scelte sbagliate o, peggio ancora, le scelte più convenienti per loro e i loro obiettivi, senza minimamente curarsi degli interessi e delle necessità del Paese. Paese che alla Fiat ha dato tanto, tantissimo, sicuramente troppo. Pertanto non cerchino nessun capro espiatorio, perché sarà solo loro la responsabilità di quello che faranno e di tutte le conseguenze che ne deriveranno. È bene comunque che questi ‘furbetti cosmopoliti’ sappiano che gli imprenditori italiani seri, che vivono veramente di concorrenza e competitività, che rispettano i propri lavoratori e sono orgogliosi di essere italiani, non vogliono in nessun modo essere accomunati a persone come loro“.
Non nutro alcuna particolare simpatia nei confronti del sig. Diego Della Valle, tuttavia nel caso concreto lo apprezzo per aver voluto affermare, senza infingimenti o tortuose diplomazie opportunistiche, ciò che molti pensano. Impeccabile la sua definizione di furbetti cosmopoliti. Il cosmopolitismo di oggi, quel che a buona parte della c.d. “sinistra” un inveterato pregiudizio impedisce di riconoscere, è solitamente l’anticamera ideologica del mondialismo, con quel che ne consegue: il cosmopolita è apolide, dunque non si riconosce in alcuna patria o radice – comunque la si voglia identificare – ma, al più spesso, nella trista idolatria del denaro.
Pare di assoluta evidenza, del resto, che di un tale fenomeno gli Elkann e il Marchionne siano esponenti per definizione.
Fa piacere che sia un industriale, nel paese del quale i montezemoli, le mercegaglie e i marchionni raffigurano la parte peggiore, a strappare vergognosi veli, vista anche la prona adesione che sedicenti “sindacalisti” si scapicollarono a offrire ai programmi FIAT sottoscrivendo accordi al di là di ogni umana decenza. Per tacere dei politicanti dello stampo dei chiamparini, dei fassini, dei renzini che se ne infervorarono. Con quelli, adesso, come la mettiamo?
MS