Terry Williams, vittima di abusi sessuali per dodici anni, da quando ne aveva sei a quando ne aveva diciotto, è stato condannato a morte per aver ucciso, una volta maggiorenne, due dei suoi aguzzini. Attualmente Williams ha quarantasei anni e ne ha trascorsi ventiquattro nel braccio della morte. Il “comitato per la grazia” della Pennsylvania, dove da oltre cinquant’anni non viene eseguita una condanna a morte, ha respinto la relativa istanza nonostante le proteste e l’esecuzione al momento è fissata per il 3 ottobre prossimo: la vicenda di Terry Williams assomiglia a quella narrata nel film “Sleepers”, ma non pare destinata allo stesso lieto fine.
Già ho avuto modo di sottolineare che in linea di principio non sono contrario a prevedere la condanna a morte, per finalità esemplari, in casi di particolare gravità morale e sociale – come per esempio il narcotraffico, lo stupro, l’inquinamento alimentare e ambientale di rilevante entità commesso a scopo di lucro con importante pregiudizio della salute e della vita dei cittadini, l’abuso gravissimo di potere commesso da pubblici funzionari in tradimento della propria funzione, i crimini economici e finanziari più abietti. Nel caso di Williams, posto che egli sia responsabile dell’eliminazione dei suoi aguzzini, bisognerebbe invece prevedere, forse, una ricompensa.
Ma nella “culla della democrazia”, come l’infame propaganda liberale definisce Yankeeland, la pena di morte – così come più in generale l’amministrazione di giustizia – funziona di fatto in base a una discriminazione sociale odiosa, concepibile solo in un regime dichiaratamente plutocratico: i poveracci, gli emarginati, gli psicolabili, i negri che hanno campato una vita grama come Terry Williams non hanno soldi per pagarsi legulei di fama e spesso, anche se innocenti, ci lasciano le penne. Viceversa i ricchi, potendo sobbarcarsi i costi enormi di una difesa ben attrezzata, anche se colpevoli spesso la scampano: nemmeno per sogno i cittadini sono tutti uguali davanti alla Legge.
Quel genere di amministrazione della pena di morte è esecrando e inaccettabile, ben degno di un manicomio a cielo aperto dove la sopraffazione sociale, anche nelle forme più violente, è concettualizzata sin dai tempi del fondamentalista fanatico John Winthrop, fondatore di Boston e più volte governatore del Massachusetts tra il 1631 e il 1648.
D’altra parte i Bush, i Cheney, i Rumsfeld, i Wolfowitz e i loro complici non sono mai stati sottoposti non dico a un giudizio – ché la sedia elettrica l’avrebbero meritata – ma nemmeno a un’inchiesta. Terry Williams, invece, negro, emarginato, sessualmente abusato, che pur se avesse eliminato gli aguzzini cui nessuna autorità aveva impedito di rendergli la vita un inferno avrebbe compiuto un atto sostanziale di giustizia, viene condannato a morte. “Culla della democrazia”, ma vaffanculo.
MS
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Così funziona la “giustizia” a Yankeeland
Terry Williams, vittima di abusi sessuali per dodici anni, da quando ne aveva sei a quando ne aveva diciotto, è stato condannato a morte per aver ucciso, una volta maggiorenne, due dei suoi aguzzini. Attualmente Williams ha quarantasei anni e ne ha trascorsi ventiquattro nel braccio della morte. Il “comitato per la grazia” della Pennsylvania, dove da oltre cinquant’anni non viene eseguita una condanna a morte, ha respinto la relativa istanza nonostante le proteste e l’esecuzione al momento è fissata per il 3 ottobre prossimo: la vicenda di Terry Williams assomiglia a quella narrata nel film “Sleepers”, ma non pare destinata allo stesso lieto fine.
Già ho avuto modo di sottolineare che in linea di principio non sono contrario a prevedere la condanna a morte, per finalità esemplari, in casi di particolare gravità morale e sociale – come per esempio il narcotraffico, lo stupro, l’inquinamento alimentare e ambientale di rilevante entità commesso a scopo di lucro con importante pregiudizio della salute e della vita dei cittadini, l’abuso gravissimo di potere commesso da pubblici funzionari in tradimento della propria funzione, i crimini economici e finanziari più abietti. Nel caso di Williams, posto che egli sia responsabile dell’eliminazione dei suoi aguzzini, bisognerebbe invece prevedere, forse, una ricompensa.
Ma nella “culla della democrazia”, come l’infame propaganda liberale definisce Yankeeland, la pena di morte – così come più in generale l’amministrazione di giustizia – funziona di fatto in base a una discriminazione sociale odiosa, concepibile solo in un regime dichiaratamente plutocratico: i poveracci, gli emarginati, gli psicolabili, i negri che hanno campato una vita grama come Terry Williams non hanno soldi per pagarsi legulei di fama e spesso, anche se innocenti, ci lasciano le penne. Viceversa i ricchi, potendo sobbarcarsi i costi enormi di una difesa ben attrezzata, anche se colpevoli spesso la scampano: nemmeno per sogno i cittadini sono tutti uguali davanti alla Legge.
Quel genere di amministrazione della pena di morte è esecrando e inaccettabile, ben degno di un manicomio a cielo aperto dove la sopraffazione sociale, anche nelle forme più violente, è concettualizzata sin dai tempi del fondamentalista fanatico John Winthrop, fondatore di Boston e più volte governatore del Massachusetts tra il 1631 e il 1648.
D’altra parte i Bush, i Cheney, i Rumsfeld, i Wolfowitz e i loro complici non sono mai stati sottoposti non dico a un giudizio – ché la sedia elettrica l’avrebbero meritata – ma nemmeno a un’inchiesta. Terry Williams, invece, negro, emarginato, sessualmente abusato, che pur se avesse eliminato gli aguzzini cui nessuna autorità aveva impedito di rendergli la vita un inferno avrebbe compiuto un atto sostanziale di giustizia, viene condannato a morte. “Culla della democrazia”, ma vaffanculo.
MS