Un nuovo spettro si aggira per l’Europa, quello del populismo.
Esorcizzato dai valletti dell’usurocrazia mondialista, nella propaganda condotta da mezzi di comunicazione totalmente asserviti il populismo viene identificato come il compendio di tutti i mali, la premessa di tutte le sciagure, la negazione di tutte le libertà. Solo a vedere chi sono i prostituti e lacchè incaricati di una tale campagna già ai più accorti almeno, e a coloro che amano informarsi seriamente, dovrebbero rizzarsi le antenne.
Democrazia e populismo, curiosamente, hanno radici etimologiche parallele. La prima viene dal greco “demos”, parola che indicava la popolazione di un’entità politicamente autonoma come la città-Stato, e ancora prima le unità politiche di base nelle quali era suddivisa l’Attica. La seconda, essendo derivazione di “popolo”, viene dal latino “populus”, termine che designava, tra l’altro, la comunità politica omogenea costitutiva dello Stato.
La democrazia senza aggettivi è quella radicale, storica, tradizionale, che nulla ha a che vedere col parlamentarismo rappresentativo. Quest’ultimo ha usurpato il nome di democrazia rivestendosi anzi dell’ossimoro di “democrazia liberale”, cioè di una caricatura oscena della democrazia ,a copertura ideologica del capitale e dei suoi interessi: non la libertà di decidere ma la libertà di “scegliere”, ogni tanto e con regole manipolate a comodo, chi dovrà realmente decidere. Come scriveva l’ottimo Rousseau ne Il contratto sociale ( libro terzo, capitolo 15): “Le peuple anglais pense être libre, il se trompe fort; il ne l’est que durant l’élection des membres du parlement: sitôt qu’ils sont élus, il est esclave, il n’est rien” (Il popolo inglese pensa di essere libero, ma si sbaglia di grosso; lo è soltanto durante l’elezione dei membri del parlamento: appena quelli sono eletti, è schiavo, non è nulla). E ancora (ibidem): “Quoi qu’il en soit, à l’instant qu’un peuple se donne des représentants, il n’est plus libre; il n’est plus” (Comunque sia, nel momento in cui un popolo si dà dei rappresentanti, non è più libero; non esiste più).
Chi oggi rivendica il diritto del popolo a deliberare in via diretta del proprio destino viene tacciato di populista proprio dagli imbroglioni che ogni giorno blandiscono quello stesso popolo come maturo per scegliere, libero di scegliere e sovrano nelle sue scelte. La prospettiva esistenziale di costoro è che il popolo, drogato da una comunicazione di stampo orwelliano, resti in catalessi, dato che, come osservava Goethe in Die Wahlverwandtschaften, “Niemand ist mehr Sklave, als der sich für frei hält, ohne es zu sein” (Non c’è peggiore schiavo di colui che non sa di esserlo). L’intimo terrore di costoro, viceversa, è che il popolo, uscendo dalla catalessi, si accorga che il re è nudo e dunque agisca, prendendo il proprio destino in mano per farsene artefice.
MS
(continua)
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