In morte di Andrea Zanzotto

Tre giorni fa ci ha lasciato, a novant’anni compiuti, il poeta trevigiano Andrea Zanzotto: l’ultimo tra i più grandi.
Egli però era più di un poeta, era il cantore e il cultore di un territorio, figura tanto più preziosa oggi al tempo del globalismo gangsteristico che ha reso il mondo un luogo indistinto ove di tutto si fa mercato.
Andrea Zanzotto, dal profondo della sua amata terra, si era fatto difensore strenuo della natura e del paesaggio aggredito dalla devastazione speculativa, della lingua locale con tutto il suo patrimonio storico di cultura popolare, ma in una dimensione abissalmente lontana da quella strumentale che appoggiandosi a squallide manifestazioni di razzismo fa da copertura al gretto culto dei schei come nella cifra dell’identitarismo fasullo agitato da alcuni politicanti locali.
Mi piace celebrare Andrea Zanzotto, del quale ha termine la vita ma non il grato ricordo, con quelle sue parole che particolarmente amo: Salvare il paesaggio della propria terra è salvarne l’anima e quella di chi l’abita.
Atque in perpetuum, frater, ave atque vale.
MS

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