Se scrivono “populismo” si deve leggere “democrazia” (3)

È evidente che le forme odierne non potranno essere identiche a quelle. L’esistenza di una rete globale diffusa che ha pregi e difetti, vantaggi e rischi, non credo si possa considerare la soluzione organizzativa assoluta, ma se opportunamente orientata (vedi per esempio l’interessante invenzione della piattaforma LiquidFeedback per la democrazia interattiva) la rete può evolversi dallo stato di risorsa teorica della democrazia diffusa a una condizione di strumento fruibile in concreto – senza eccessivi rischi di manipolazioni e di equivoci relazionali. Ciò anche nella promozione di una conoscenza condivisa al di là della comunicazione di regime: “Bisogna conoscere per deliberare“, scriveva argutamente Luigi Einaudi. E il regime tutto vorrebbe, tranne che il popolo pervenga a conoscere i fatti veri, traendone logiche conseguenze. Perché, come si dibatteva all’epoca di Cromwell nelle assemblee soldatesche del New Model Army, “Un uomo non è vincolato da un sistema di governo che non ha dato mano a porre sopra di sé“.
Oggi, nel concreto, l’avanzamento della democrazia nelle forme proposte dal MoVimento 5 Stelle che sono tutto sommato abbastanza moderate (tra l’altro: referendum propositivi senza quorum, elezione diretta del candidato, obbligo della discussione parlamentare su iniziative di legge popolare in parlamento con voto palese) già terrorizza le lobby e i comitati d’affari di ogni genere, la stampa scritta e visiva manipolatrice delle notizie e orientatrice di false coscienze, gli spacciatori di gossip e di soap opera devastatori di cervelli ingenui; tutti elementi che già si vedono franare sotto i piedi il terreno sul quale hanno sistematicamente costruito un’enorme truffa. Forse vuol dire che la strada è giusta.
Ma di più. L’instaurazione di una democrazia pura in luogo del suo ingannevole simulacro sarebbe il progetto rivoluzionario più importante in assoluto del quale il MoVimento 5 Stelle potrebbe farsi oggi assertore: quel che veramente fa paura ai “soci vitalizi del potere” come li definiva la canzone di De André, e che essi cercheranno con ogni mezzo di impedire. Ma è una delle poche speranze rimaste, oltre c’è la disperazione. Non lasciamoci sfuggire questa occasione, o almeno combattiamo fino in fondo. Cos’abbiamo da perdere, oltre alle nostre metaforiche – e ormai non più tanto metaforiche – catene?
Non bisogna dunque abboccare alle trappole semantiche. Dove i bugiardi, politicanti e prenditori della casta, pennivendoli di regime, prostituti e lacchè, oggi dicono o scrivono “populismo”, automaticamente si dovrebbe intendere “democrazia”. Come acutamente osservava Stokely Carmichael, uno dei principali teorici del Black Power, quando lo schiavo inizia a rifiutare le definizioni dei suoi padroni, comincia a liberarsi.
MS
(fine – la prima e la seconda parte sono di oggi 14 settembre 2012)

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