La democrazia, senza aggettivi, è “diretta” per definizione. Nel rappresentativismo del quale essa è assoluto contraltare, tipicamente allignano gli affari, le lobby, i traffici inconfessati, le clientele organizzate; in ultima analisi incuba la corruzione dei “rappresentanti” stessi ognuno dei quali, significativamente, nel caso italiano “esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato” (art. 67 Cost.). La riduzione del numero dei parlamentari, predicata da elementi del regime, è dunque una duplice presa per il culo: in quanto artifizio per indurre in distrazione e sviare così l’ira diffusa del popolo nei confronti della casta e in quanto progetto oligarchico di concentrazione in un numero ancor più esiguo di soggetti di un tale potere discrezionale, senza obbligo di rendiconti nel merito né di pubblicità reale delle azioni effettuate. Viceversa sarebbe nell’aumento del numero di coloro che temporaneamente possano essere delegati a realizzare le istanze popolari che potrebbe determinarsi una maggiore prossimità dei delegati ai deleganti e dunque un più efficace controllo, con la permanente possibilità di revoca della delega stessa: ciò si inscriverebbe nella c.d. sussidiarietà verticale laddove, a totale differenza che in quella “orizzontale” di attribuzione a privati delle attività di pubblico interesse, si tende a distribuire il potere decisionale verso il basso, delocalizzandolo ai territori – vedi gli interessanti spunti sviluppati a suo tempo da Richard Herny Tawney sulla proprietà pubblica decentrata (pubblico locale).
Posto poi che debba sussistere un “potere esecutivo” (che in senso stretto e letterale potrebbe anche starci), è ancora Rousseau ne Il contratto sociale (libro terzo, capitolo 18) a osservare che “les dépositaires de la puissance exécutive ne son point les maître du peuple, mais ses officiers; qu’il peut les établir et les destituer quand il lui plaît” (I depositari del potere esecutivo non sono i padroni del popolo, bensì i suoi funzionari [...]; esso può nominarli o destituirli quando gli piaccia). Nulla di nuovo dunque se qualcuno oggi li definisce, giustamente, “nostri dipendenti”.
Gli esempi fondativi della democrazia senza aggettivi, che vanno beninteso contestualizzati sul piano storico, vengono inter alia dalle assemblee popolari di Sparta e di Atene, dei Germani e dei Celti, di Roma agli albori, dei popoli amerindi (Maya, Inca…) prima della spoliazione coloniale.
MS
(continua – la prima parte è del 14 settembre 2012)
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