Il sig. Draghi, inflazionista per conto terzi (1)

Ancora una volta si è scritto e parlato, in questi giorni, delle critiche provenienti dalla Germania all’operato del sig. Draghi alla BCE. Come al solito la stampa italiana di regime ha teso a liquidare la cosa come fosse frutto di banale, scontato pregiudizio. Ma non è affatto così.
Va intanto sottolineato che gli attacchi al Draghi sono venuti da più parti: non solo dallo squallido partito liberale, dai reazionari della CSU bavarese e dalla stampa aggregata tipo Frankfurter Allgemeine Zeitung ma per esempio anche da quella stessa SPD untuosamente blandita dal pidistume italiota e dal prestigioso quotidiano Süddeutsche Zeitung (chi sa di Germania ne conosce la linea editoriale, per la quale si è guadagnato lo scherzoso appellativo di “unica opposizione in Baviera”). Quest’ultimo ha ospitato un’intervista al prof. Manfred Neumann, relatore al dottorato dell’attuale presidente della Bundesbank Weidmann, nella quale del Draghi si dice, polemicamente, che rischia di portare la Germania stessa a livelli d’inflazione inaccettabili come ai tempi della Repubblica di Weimar, quando il presidente della Reichsbank Havenstein si ostinò a difendere il bilancio dello Stato stampando cartamoneta, con i noti tragici esiti.
Se certe opinioni che allignano in Germania circa la politica da seguire nei confronti della Grecia sono vili, vergognose e inaccettabili in una logica di solidarietà europea, le posizioni che largamente vi prevalgono sul tema dei debiti ipertrofici e soprattutto su quello dell’inflazione sono invece, in linea di massima, condivisibili.
Di quali interessi strategici sia tutore il sig. Draghi è evidente almeno da quando nel giugno 1992 costui partecipò, quand’era direttore generale del Ministero del Tesoro, alla famigerata riunione sul panfilo “Britannia” laddove, di concerto con una banda di pescicani mondialisti, si diede avvio alla svendita di risorse strategiche del paese.
Che il sig. Draghi, come il suo degno compare bocconaro, segua una politica inflattiva mirata alla svalutazione dei debiti e insieme dei redditi e dei risparmi, è di tutta evidenza.
Che tale politica sia stata “amichevolmente” suggerita, più volte ed esplicitamente, dai manichini che a Yankeeland fanno da servizievole zimbello agli usurocrati mondialisti e ai loro comitati d’affari, è attestato.
MS
(continua)

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