Matrimonio busone: arma di distrazione di massa (1)

Una inusitata attenzione è stata suscitata dalla stampa di regime attorno alla piazzata che ha concluso l’assemblea pidista del 14 luglio scorso. Non mi sembra ciò sia da ascrivere al mercantile intento di alzare un po’ le vendite con lo sperimentato metodo di sbattere in pagina qualche notizia pruriginosa. E veramente mi dispiace che persino Beppe Grillo, sempre molto attento all’uso strumentale e sviante della comunicazione di massa ben orchestrata, non l’abbia ravvisato in questo caso, prendendo anzi posizione contro Rosi Bindi  ed esplicitamente a favore del matrimonio busone come si trattasse di una questione seria – mentre qualche mese fa, non senza ragione e coraggio, aveva denunciato la campagna per la cittadinanza ai figli nati in Italia degli immigrati come artificio mirato a “distrarre gli italiani dai problemi reali per trasformarli in tifosi. Da una parte i buonisti della sinistra senza se e senza ma che lasciano agli italiani gli oneri dei loro deliri. Dall’altra i leghisti e i movimenti xenofobi che crescono nei consensi per paura della “liberalizzazione” delle nascite” (blog di Beppe grillo, 23 gennaio 2012, vedi qui).
Posto che il PD svolge in questa fase nei confronti della più parte di coloro che dovrebbero essere i suoi “rappresentati” (poveretti loro), mutatis mutandis, la parte che la polizia ebraica svolse all’epoca del ghetto di Varsavia, gli ascari del bocconaro, quando la menzogna illimitatamente profusa non è più sufficiente a occultare l’iperbolica rapina che il popolo italiano sta subendo, hanno tutta la convenienza a buttarla in caciara contando sul fatto che i più allocchi pongano attenzione a qualche estemporanea puttanata piuttosto che alle mani ladre degli usurocrati mondialisti, affondate nelle loro tasche per interposte persone.
Un tempo, quando i praticanti di condotte omosessuali ancora si percepivano e in parte venivano percepiti come trasgressivi e “rivoluzionari”, pensare al matrimonio tra persone dello stesso genere sarebbe parsa una insopportabile, conformistica assurdità. Poi il liberalismo ha sussunto, non per naturale inclinazione ma come sempre per interesse, la tematica sociale dell’omosessualità – come anche altre – nella categoria dei cosiddetti “diritti civili”. Il progressivo appannamento delle tendenze antagonistiche ha facilitato un tale sporco gioco e si è così arrivati, oggi, a legittimare giuridicamente quel genere di connubio, o a renderlo oggetto, quantomeno, di un vivace quanto vacuo dibattito. Sedicenti “socialisti” alla Zapatero, mentre lasciavano che le Spagne andassero alla rovina sotto i colpi della speculazione immobiliare e della relativa “bolla”, proficuamente si occupavano – e forse non solo per vezzo anticlericale – proprio di questo. Spiace qui citare Andreotti, quando osservò che una volta, piuttosto, i socialisti si occupavano di dare la terra ai contadini. Ma forse quelli non erano intossicati di liberalismo infame.
Certo la fulminazione di sedicenti “socialisti” o, peggio, “democratici”, sulla via del familismo, avulsa dalle sue motivazioni reali che pesantemente affondano nella corruzione liberale e liberista di costoro – apparirebbe spettacolare. Ma quel che francamente ripugna, sul piano sociale prima che su quello ideologico, è che in ciò facendo vogliasi resuscitare in qualche modo a nuova vita un istituto che ha ultimato il ciclo della propria decomposizione morale, qual’è appunto il matrimonio. È che anche la busoneria,  che un tempo destava  qualche simpatia se non altro quando si dilettava a épater le bourgeoisie, nel frattempo s’è volgarmente imborghesita. Anzi, miseramente convertita al “politicamente corretto” per cui, oggi, la trasgressione vera sembra consistere nel non prestare una continuativa, incondizionata, rituale solidarietà – a volte oltre il limite di un ammirato ossequio – agli omosessuali in quanto vittime di persecuzione.
MS
(continua)

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