Tralascio volutamente di esaminare l’argomento frusto della vicinanza geografica di centrali nucleari situate in paesi confinanti, così come quello mendace dell’economicità del nucleare. Nemmeno voglio accennare alla questione tremenda del “demissioning” delle centrali che ultimano il proprio ciclo operativo, né a quella drammatica e a volte criminale dello smaltimento delle scorie. Prima di tutto ciò si staglia infatti il tema pregiudiziale del nucleare per affari, i.e. del nucleare per esclusivo, immenso, osceno profitto di chi lo realizza, a spese dei cittadini e a rischio delle loro stesse vite. Non vi è altro da aggiungere.
Anche se si può prevedere che il pasticcio magari artificioso combinato col voto degli Italiani all’estero prevedibilmente innescherà una furibonda zuffa istituzionale e giuridica ove il quorum ne venga messo in bilico, zuffa nella quale i nuclearisti faranno di tutto per buttarla in caciara, resta chiaro che votare “sì” per liquidare il ritorno affaristico all’energia nucleare in Italia significa assestare un bel calcio nel culo ai businessmen della morte.
Quesito n. 4 (scheda verde): legittimo impedimento
Sembra quasi superfluo, tanto se ne è trattato, accennare al senso di questo tema.
Il privilegio del cosiddetto “legittimo impedimento”, già ritenuto parzialmente illegittimo dalla Corte Costituzionale, altro non è che una delle tante leggi ad personam imposte dall’omino di Arcore alla sua maggioranza parlamentare di nominati per svicolare dagli obblighi ai quali ogni cittadino soggiace nei confronti della giustizia.
Il “legittimo impedimento” del quale ogni imputato può avvalersi già è previsto dalla Legge: esso si identifica con qualsiasi circostanza che appaia giustificare l’assenza dell’imputato, che pur aveva chiesto di comparire in giudizio. La norma originariamente licenziata dalla maggioranza parlamentare prevedeva, in essenza, che la sussistenza effettiva di un “legittimo impedimento” a comparire in tribunale fosse semplicemente attestato dalla presidenza del consiglio dei ministri, a totale sua discrezione, quando a essere imputati fossero primi ministri o ministri del governo in carica. La Corte Costituzionale, nel gennaio scorso, aveva ritenuto l’impedimento legittimo solo se, tra le attività indicate come impeditive, il giudice avesse potuto, in un ragionevole bilanciamento tra esigenze processuali, diritto alla difesa e tutela della funzione di governo, valutarne l’indifferibilità.
Resta comunque aperta la questione di fondo dell’impunità sostanziale della casta – e più ancora del capocasta – che si contrappone all’idea essenziale della politica come servizio e non come privilegio risultando non in maggior doveri ma in maggior “diritti” rispetto ai comuni cittadini. Come ne La fattoria degli animali di George Orwell: tutti gli animali sono uguali, ma i maiali sono più uguali degli altri.
Votare “sì” per abrogare quanto resta di una norma vergognosa è infliggere un colpo alla radice del complesso abominando di privilegi che la casta sistematicamente si autoaccorda.
MS
(fine – la prima, la seconda, la terza e la quarta parte sono di oggi 12 giugno 2011)