Come già osservato nel commento al quesito 1, peraltro, non constano interventi strutturali di miglioramento della rete distributiva ove gestita da privati, mentre si ha notizia di aumenti talvolta astronomici del prezzo al consumo. E infatti, che interesse avrebbe una corporation a riparare una rete colabrodo, che non le appartiene, per ridurre lo spreco d’acqua e migliorare l’efficienza della sua distribuzione, invece che ingegnarsi a guadagnare il più possibile? Solo uno sciocco, o un cialtrone, potrebbero sostenere che lo scopo essenziale della corporation non sia quello di far profitto con ogni mezzo, lecito se possibile, ma anche illecito, all’occasione, come l’esperienza attesta?
Nell’opinione diffusa degli Europei, per inciso, come attestato da indagini anche recenti, il sistema delle imprese è giudicato più corrotto ancora di quello della politica. Gli Italiani, per ovvie e ben evidenti ragioni, ritengono più corrotta la politica. Non perché pensino che le imprese siano pulite, ma perché pensano che i politicanti nel nostro paese siano addirittura peggio.
Arrivare a garantire per Legge il profitto degli “investitori” privati in servizi pubblici essenziali, mentre il risparmio dei comuni cittadini è a perenne rischio sia direttamente per le grandi truffe finanziarie che dilagano, sia indirettamente per i costi di sistema che gli Stati si trovano a sopportare quando la finanza criminale produce crisi da collasso, è moralmente ripugnante e ben simboleggia l’improntitudine di chi pilota il sistema economico attuale.
Votare “sì” per abrogare il profitto garantito nella gestione privata dell’acqua è dunque importante non solo per evitare un immaginabile danno economico ai cittadini ma, soprattutto, come segno di radicale contrasto all’ideologia malsana per la quale nulla ha un valore ma tutto ha un prezzo.
Quesito n. 3 (scheda grigia): energia nucleare
Anche se non si fosse mai verificata la terribile ed emblematica tragedia di Fukushima, che giustamente tanto ha colpito la sensibilità collettiva, i termini della questione sarebbero stati i medesimi: manifesto, ancora una volta, è l’intento di realizzare “grandi opere” inutili per i cittadini, anzi nocive, e assai profittevoli per i soggetti economici incaricati.
La pesantissima aggravante, in questo caso, è che a repentaglio non vengono messi solo i portafogli dei cittadini costretti a finanziare con le loro tasse il lucro di pochi, non viene messo solo l’ambiente naturale che le “grandi opere” portano tipicamente a devastazione, non viene messa solo la salute di tutti nel medio-lungo termine così come accade per via dell’inquinamento conseguente, ma viene messa direttamente e brutalmente in gioco la vita stessa di milioni di persone.
Lo spregevole trucco, attuato dalla maggioranza parlamentare, di modificare la norma nuclearista all’ultimo momento col dichiarato scopo di neutralizzare temporaneamente la pubblica indignazione, in attesa che essa sbollisca, per poi ripristinare il disegno originario, è stato sbugiardato dalla Corte di Cassazione e svergognato dalla Corte Costituzionale. Inutile aggiungere che se quel decreto fosse stato emanato in buonafede, il referendum sul nucleare sarebbe tutt’altro che “inutile”, così come insinuato dall’omino di Arcore. Il fatto è che la buonafede mal si combina con la vocazione all’imbroglio.
MS
(continua – la prima, la seconda e la terza parte sono di oggi 12 giugno 2011)