Città, aria nuova o riciclata? – parte terza

Pisapia, a detta di tutti, è anche una persona gentile. Forse troppo gentile. Sembrerebbe anzi un clemente, un indulgente, un buonista, un “garantista”, non già quell’implacabile giustiziere che, ove si voglia ripulire a fondo la città e dunque usare tolleranza zero, le circostanze richiederebbero. Un altro neo: la sua idea annunciata di nominare dei burocrati sindacali (e non già dei rappresentanti degli utenti) in seno agli organi di amministrazione delle aziende controllate dal Comune sembra venire da uno che vive su un altro pianeta.
Anche se le politiche della sicurezza non sembrano il punto forte di Pisapia candidato, anche se trovo incondivisibile la sua proposta di concedere il voto agli stranieri nelle elezioni dei consigli di zona, il problema non è certo la “zingaropoli” inventata dalla propaganda morattiana né l’ormai mitica realizzazione di una moschea. Cosa vi sia di male in una moschea, più che in una chiesa o in una sinagoga, non mi è chiaro. Avere anzi un luogo decoroso e ufficiale d’incontro e di preghiera per i Musulmani, anziché tanti piccoli siti arrangiati e incontrollabili, dovrebbe risultare rassicurante per chiunque, in buonafede, si ponga il problema di eventuali infiltrazioni di fanatici terroristi. Mi sembra piuttosto che la presenza islamica in città, come quella degli immigrati in generale e, con particolare accanimento, quella degli Zingari, siano state artatamente usate da taluni che, lasciando sostanzialmente irrisolti i derivanti indubbi problemi, potevano contare su un permanente clima di insicurezza da coltivarsi per opportune strumentalizzazioni politiche.
La questione è seria e non banalizzabile e la riprenderò meglio in una prossima occasione, qui mi limiterò a qualche osservazione riguardante Milano.
La città già rigurgita di immigrati. Dovrebbero essere 217.000 “regolari” iscritti all’anagrafe di cui 22.000 cittadini UE su 1.322.000 residenti, ma basta farsi un giretto sui mezzi pubblici per rendersi conto che il numero effettivo, comprensivo degli “irregolari”, è assai superiore: un buon humus per la propaganda della paura. In quanto ai Musulmani, nel 2009 l’anagrafe comunale li stimava in poco meno di 50.000. Gli Zingari dei diversi gruppi sarebbero alcune migliaia.
Viene dunque da chiedersi, in una città che un economicismo malato ha mandato culturalmente alla deriva, dove la pessima qualità dell’aria è pericolosa per la salute, dove la qualità dello “sviluppo” si misura, col metro dell’impresismo rampante, dal numero delle gru nei grandi cantieri della speculazione edilizia, chi e perché abbia fatto sì che la città si riempisse non solo di droga, di vizio, di centri di usura e di riciclaggio, ma anche di senzacasa, di postulanti, di clandestini, di abusivi, di disperati disponibili a vendere il proprio lavoro per pochissimo, e per meno ancora se in nero.
Accade cioè che la xenofobia seminata dai reazionari, a volte in forma di puro razzismo, vada silenziosamente di pari passo con un bestiale sfruttamento economico degli immigrati, spesso attuato al di fuori della Legge, nella pura logica liberista della quale i reazionari stessi sono fautori e che esige non il contenimento e il controllo dell’immigrazione di massa, ma al contrario la sua crescita incontrollata e illimitata, come appunto nella regola del globalismo d’affari.
Cosa già ha ridotto Milano a questa “zingaropoli” invivibile, se non un sistema malsano di attività economiche marginali, di impresette figlie del laissez-faire, a volte gestite da stranieri stessi, che fa prosperare il lavoro nero e a volte lo schiavismo, che in nome di un falso benessere economico ha privato la città della sua etica e della sua anima? E ancora, chi amministrava la città negli ultimi quattordici anni?
MS
(fine – la prima e la seconda parte sono di oggi 29 maggio 2011)

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