Va sottolineato qui che l’art. 39 della Costituzione, laddove stabilisce che i sindacati liberamente costituiti siano registrati, e sotto condizione che i relativi statuti “sanciscano un ordinamento interno a base democratica”, è tuttora inapplicato non solo – com’è ben evidente – per gli aspetti formali, ma anche – quel che risulta decisivo – in quelli sostanziali.
Non è infatti praticata né prevista alcuna modalità di accertamento oggettivo della reale consistenza democratica (sistema di affiliazione, quote di tesseramento, modalità di espressione del pensiero e di formazione del consenso, procedure di designazione degli organismi, etc.), né della effettiva correttezza dei rispettivi conti economici e bilanci, nemmeno per quelle associazioni sindacali che, data la maggiore importanza, sono parte considerevole della politica nazionale.
Per trattarsi di associazioni che già ora, assai impropriamente, svolgono funzioni parapubblicistiche e che nell’impostazione ideologica del sig. Sacconi ancor più dovrebbero svolgerne, con attribuzione diretta o indiretta di risorse finanziarie e potere concorrente o autonomo di spesa delle stesse, la trasparenza lascia alquanto a desiderare. Non sarà per caso se i papaveri sindacali, soprattutto i rappresentanti delle associazioni organizzativamente più deboli tra le maggiori e che dunque di risorse esterne maggiormente abbisognano per mantenersi, strillano indignate proteste di lesa autonomia ogni volta che appena si affacci l’ipotesi di una regolamentazione, qualechessia, delle attività che istituzionalmente le associazioni rispettive dovrebbero svolgere.
Per farsi un’idea generale delle prebende e del potere diramato in infinite nicchie, fuori dalle sedi tipiche della contrattazione, di cui oggi godono le maggiori associazioni sindacali nel paese e che spesso sono appannaggio di apparati burocratici pletorici e autoreferenziali, un’interessante lettura è offerta dal breve saggio d’inchiesta, pur a volte impreciso, “L’altra casta”, pubblicato dal giornalista Stefano Livadiotti per Bompiani nel 2008.
Dunque, la questione della libera, autonoma rappresentanza sindacale ai diversi livelli, legittimata dal consenso effettivo degli associati in applicazione dell’art. 39 della Costituzione (già trattata su questo sito nell’intervento intitolato “Difetto di legislazione” le cui tre parti finora pubblicate risalgono ai giorni 3, 5 e 11 settembre scorso) e che finora, volutamente, non mai è stata regolamentata, oggi si presenta con ancor maggiore fondamento e urgenza. Non che appaia verosimile, nel breve, il suo scioglimento in soluzioni concrete, ma ciò testimonia quasi icasticamente le contraddizioni incomponibili, mascherate a malapena grazie alle manipolazioni operate dalla comunicazione di massa, di un sistema che della democrazia, ancorché in ingannevoli forme rappresentative, ha fatto solo il suo mantra propagandistico quotidiano nel momento in cui sempre più sistematicamente la conculca in essenza.
5) Il globalismo mercatista, che secondo il mendace paradigma dello sviluppo a crescita illimitata e i suoi banditori ed encomiasti infami avrebbe dovuto recare benessere all’universo mondo, per quanto riguarda l’Europa – che è quanto ci interessa – risulta sempre più evidentemente in una dinamica di pesante arretramento sociale, di immiserimento generalizzato di una estesa fascia di popolazione, di caduta delle prospettive e delle speranze esistenziali delle nuove generazioni. La povertà assoluta o apparente si riduce al punto in cui, emblematicamente e non già per caso, anche mendicanti e clandestini possono spesso disporre di un telefono mobile magari con funzioni multimediali, ma al contempo la povertà misurata in termini relativi, cioè contestualizzati e socialmente comparabili, si estende a macchia d’olio e attrae, a precipitazione, profili sociali che storicamente ne erano indenni.
MS
(continua – la prima e la seconda parte sono del 25 e del 26 dicembre 2010)
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