Un patto scellerato – parte seconda

4) Ancor più fortemente ponesi, appetto a svolgimenti siffatti, il tema della legittimazione della rappresentanza sindacale.
Nell’allegato 1 al patto di Mirafiori del 23 dicembre, sotto il titolo “Diritti sindacali”, si dispone che le RSA di cui all’art. 19 della Legge 300/1970  (“Statuto dei Lavoratori”) possano essere costituite dalle associazioni firmatarie. Poiché il comma 1 dell’art. 19 predetto fu abrogato nel 1995 all’esito del relativo referendum, da allora non più (anche) i sindacati maggiormente rappresentativi sul piano nazionale come nell’originaria formulazione della norma, ma quelli soli che siano firmatari di contratti collettivi applicati nell’unità produttiva, indipendentemente dal numero degli associati, possono costituire proprie rappresentanze in questa.
Fin qui poco di nuovo, apparentemente, ma non si dimentichi che il patto suddetto, secondo previsione, dovrà generare un contratto collettivo di primo livello, quindi sostitutivo per ogni effetto dell’attuale CCNL, da applicarsi a Mirafiori.
Non essendovi obbligo giuridico, salvo casi particolari, di applicare ai rapporti di lavoro subordinato uno specifico contratto collettivo, ne deriva sul piano generale che qualunque datore di lavoro voglia legittimare, a propria convenienza, sindacati più o meno fittizi indipendentemente dalla rappresentatività effettiva degli stessi, potrà convenire con essi accordi ad hoc eludendo nella sostanza la previsione di cui all’art. 17 della stessa Legge 300/1970 circa i sindacati di comodo “È fatto divieto ai datori di lavoro ed alle associazioni di datori di lavoro di costituire o sostenere, con mezzi finanziari o altrimenti, associazioni sindacali di lavoratori”. Finora questa è stata un’ipotesi di scuola, comunque fallita nei pochi casi nei quali fu sperimentata, con in campo il precedente di Mirafiori potrebbe però concretizzarsi in misura impredicibile e anche in forme assai peggiori dell’archetipo stesso.
Va rammentato, per inciso, che il sig. Sacconi bramerebbe rimpiazzare l’ancora vigente “Statuto dei lavoratori”, succitato, con uno “Statuto dei Lavori” di nuova fattura finalizzato tra l’altro a “promuovere e sostenere il ruolo delle parti sociali, degli enti bilaterali e della mutualità” (intervista al Corriere della Sera del 20 maggio 2010), il che fa ben capire a cosa punti costui. Ma pur nella vigenza delle attuali norme, come si è accennato, il patto di Mirafiori per il suo stesso rilievo potrà fare scuola presso quei datori privi di scrupoli (i cialtroni nei rapporti di lavoro si trovano tanto tra i prestatori quanto tra i datori, ma l’asimmetria della potenza rispettiva fa sì che siano questi ultimi a provocare il maggior danno) che ancora ad accordi di comodo e/o a “sindacati” ben accomodanti non avevano pensato, o che forse non avevano il coraggio di agire in tal senso.
La diffusione di una squallida minuteria sociale, potenzialmente costituita da piccoli sindacatini fasulli costituiti ad hoc onde smerciare a poco prezzo, qua e là, “accordi collettivi” altrettanto ad hoc, ben si coniugherebbe, d’altronde, coi caratteri antropologici negativi insiti in comportamenti che ahimè sono assai largamente praticati nel paese.
A livelli più alti, invece, quale possa essere in termini di prebende, di sottogoverno clientelare e di ristoro economico, il contraccambio strategico di una collaborazione sociale che traligni in collaborazionismo, risulta chiarissimo dalle parole dello stesso sig. Sacconi, surriportate.
MS
(continua – la prima parte è del 25 dicembre 2010)

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